La vita
Alfonso nacque a Modena nel febbraio del 1634 da Francesco I e Maria Farnese, sorella del Duca di Parma, Odoardo.
All’età di 21 anni, il padre concluse per lui un difficile ma lungimirante accordo matrimoniale che salderà nel tempo l’alleanza tra il Ducato Estense e il regno di Francia: nel 1655, infatti, Alfonso sposò Laura Martinozzi, figlia del conte Girolamo Martinozzi da Fano e di Margherita, sorella del potentissimo Cardinale Mazzarino. Il matrimonio portò loro tre figli: il primogenito Francesco morirà appena dopo un anno di vita nel 1658; l’anno seguente venne alla luce Maria Beatrice la quale, sposando Giacomo Stuart, diverrà Regina d’Inghilterra; infine nel 1660 nacque il futuro Duca Francesco II.
Contrariamente a Francesco I, dal carattere bellicoso e irruente, Alfonso IV si dimostrò poco incline alla guerra. Nel luglio del 1657, insieme allo zio Borso, guidò i rinforzi in aiuto del padre impegnato nell’assedio di Alessandria ma, a parte questo episodio, frequentò poco i campi di battaglia anche per motivi di salute, in quanto precocemente colpito dalla gotta.
La breve parentesi da Duca
Alfonso IV salì al potere in seguito alla morte di Francesco I avvenuta nell’ottobre del 1658: in politica confermò l’alleanza del Ducato con la Francia e quindi il proseguimento della politica filofrancese condotta dal padre. Nel dicembre dello stesso anno ricevette da Re Luigi XVI la nomina a “generalissimo delle armi francesi in Italia” in segno di riconoscenza per la lealtà dimostrata, e attraverso questa investitura fu legittimato ad entrare nella lega con Venezia. Fiero di tale nomina, Alfonso si impegnò immediatamente nei preparativi per la campagna militare ma fu consigliato, in segreto, dal Cardinale Mazzarino di prestare attenzione anche ad eventuali proposte dei ministri spagnoli a Milano, in quanto la guerra era quasi terminata e Spagna e Francia erano giunte ad un’intesa. L’avveduto suggerimento del Cardinale fu ascoltato dal Duca e, prima che la guerra si concludesse con la Pace dei Pirenei il 7 novembre 1659, Alfonso accettò un vantaggioso accordo con la Spagna: il trattato fu firmato l’11 marzo 1659 e prevedeva la rinuncia da parte del Duca del titolo di generalissimo dell’esercito francese e la restituzione agli spagnoli delle città di Valenza e Mortara occupate da Francesco I. Alfonso otteneva in cambio la conferma dell’investitura del principato di Correggio, il riconoscimento del diritto di neutralità in futuri conflitti e l’attribuzione dei frutti della dogana di Foggia per una somma di oltre 30.000 ducati annui.
Per conservare a livello politico la necessaria posizione di equilibrio tra Spagna e Francia, il Duca si impegnò ad inviare come ambasciatore a Parigi il fratello Almerico. Nonostante la sua giovane età – appena diciassettenne – questi era già noto per la sua valenza di condottiero e ottenne dal Re la nomina di luogotenente generale al comando di quattromila fanti francesi nella guerra di Candia. Purtroppo contrasse la malaria sui campi di battaglia, morendo nel 1660 all’età di ventuno anni, ma per la grande abilità dimostrata e le vittorie riportate, la Repubblica di San Marco fece erigere in suo onore una statua nella Chiesa dei Frari a Venezia.
La scomparsa del Cardinale Mazzarino, il 9 marzo 1661, trascinò il Ducato in una grave incertezza politica, venendo a mancare il più potente alleato della famiglia d’Este presso la corte francese. D’altro canto, la morte del Cardinale portò anche un cospicuo beneficio alle casse ducali, stremate dai lunghi anni di guerra: alla Duchessa Laura fu assegnata, infatti, una notevole eredità di denaro e gioielli oltre che diverse rendite in Francia.
I lutti nel Ducato estense non erano ancora terminati: lo stato di salute del Duca, già debilitato dalla malattia, si aggravò ulteriormente portandolo alla morte il 16 luglio 1662, all’età di 28 anni. Nel testamento Alfonso IV nominò la moglie tutrice dei due figli: in virtù delle sue ultime disposizioni, Laura assunse la reggenza del Ducato in vece del figlio ed erede al trono Francesco II di appena due anni. Il 12 giugno del 1663 la Duchessa fece celebrare solenni esequie per il defunto marito nella Chiesa di Sant’Agostino, addobbata con un nuovo apparato scenografico che la trasformò per l’occasione nel Pantheon Atestinum e, come era stato per il padre Francesco I, l’orazione funebre fu tenuta da Domenico Gamberti e successivamente stampata.
La reggenza di Laura Martinozzi, un unicum nella storia estense
Nel 1622 la Duchessa fu così chiamata a reggere lo Stato Estense: a soli ventitré anni, Laura si trovò così a dover gestire improvvisamente un incarico molto gravoso per compiti e responsabilità. Nel suo testamento Alfonso IV aveva tuttavia designato il Cardinale Rinaldo quale figura di riferimento per Laura che avrebbe dovuto condividere con lui ogni informazione e decisione da prendere. Inoltre, non le mancò l’appoggio dell’altro fratello del Duca, Cesare, già luogotenente generale e comandante delle milizie ducali, incarico che mantenne fino alla sua morte, nel 1662. Ma la profonda fede cristiana della Duchessa, la portò a individuare nella figura di Padre Garimberti, suo confessore, un suo personale punto di riferimento a cui si rivolgeva prima di prendere le più importanti decisioni di governo.
Laura Martinozzi trovò una situazione finanziaria molto difficile: le guerre intraprese da Francesco I, oltre alle ingenti somme per finanziare la passione per l’arte che aveva accomunato padre e figlio e alle spese per l’ammodernamento di Modena e Sassuolo, avevano prosciugato le finanze ducali. Nell’affrontare tale situazione e gli avvenimenti luttuosi che le avevano stravolto la vita, la Duchessa mostrò un carattere forte e deciso, tanto da meritarsi l’appellativo di “Duchessa padrona”. In prima istanza si impegnò ad arginare la crisi economica, tagliando spese inutili e limitando le feste mondane, quindi, spinta dalla sua forte religiosità, cercò di contenere il dissesto morale imponendo la chiusura di molte osterie e inasprendo le pene per l’ubriachezza. Contrariamente a questa sua politica di austerità, elargì cospicue somme di denaro per l’edificazione di nuove chiese e conventi e, accecata dall’intensa fede, compì scelte riprovevoli nei confronti della comunità ebraica che nel Ducato Estense aveva da sempre trovato protezione. La Duchessa fece consolidare il ghetto di Modena e fondare quello di Reggio, vietando agli ebrei molte attività come lo svolgimento di libere professioni, l’occupazione di cariche pubbliche, impedendo i matrimoni con i cristiani e la proprietà di immobili. Anche nell’amministrazione della giustizia, Laura si dimostrò dura e risoluta, arrivando addirittura ad assoldare dei sicari per mettere fine alle controversie. Durante la sua reggenza è un fatto di rilievo l’acquisizione dei due feudi di San Felice sul Panaro, acquistato dai Pio nel 1669, e di Gualtieri, proveniente dai Bentivoglio.
Nella politica estera, invece, la Duchessa cercò di mantenere sempre una posizione di neutralità evitando ogni sorta di conflitto, ma dinanzi ad una richiesta personale di Luigi XIV, seppur a malincuore, non poté opporsi: il Re Sole voleva porre al fianco di Giacomo Stuart, futuro Re d’Inghilterra, una principessa cattolica di sua fiducia e per questo scelse Maria Beatrice d’Este. La secondogenita di Laura aveva appena quindici anni, mentre il Duca di York era un uomo adulto di 40 anni: la Duchessa tentò di opporsi adducendo varie giustificazioni, ma la scelta del Re di Francia era fatta ed impossibile da modificare. Il matrimonio avvenne a Modena, per procura, il 5 ottobre 1673, poi madre e figlia lasciarono la città estense per raggiungere Parigi, dove furono accolte con magnificenza dal Re. Proseguirono poi l’ultimo tratto del loro viaggio verso Londra, non prima però che il parlamento inglese avesse concesso alla principessa cattolica di entrare in territorio britannico: finalmente il 1° dicembre furono ricevute dal Duca Giacomo Stuart.
Laura rientrerà a Modena solo nel maggio del 1674, trovando una situazione ben diversa da quella che aveva lasciato: il figlio Francesco II, durante la lontananza della madre, aveva deciso di assumere il potere del Ducato, spodestando di fatto la Duchessa. Laura, sorpresa e ferita dalla frettolosa emancipazione del figlio fomentata dai cugini, avrà da quel momento un ruolo sempre più marginale nel governo del Ducato: rifugiandosi nella fede, si trasferì a Roma dove morirà il 19 luglio 1687 a 48 anni. L’anno seguente, il Duca farà celebrare un solenne funerale nella Chiesa di Sant’Agostino e, ancora una volta, l’orazione funebre fu affidata al padre gesuita Domenico Gamberti.
Il Pantheon Atestinum
La chiesa di Sant’Agostino, di origini medievali ma caratterizzata da uno scenografico interno barocco, fu concepita da Laura Martinozzi come Pantheon Atestinum, il luogo nel quale si svolgevano i funerali dei duchi di Modena e si celebrava la gloria della famiglia d’Este. Alla morte di Francesco I (1659), la chiesa fu scelta per ospitare il suo funerale in quanto la semplice struttura ad aula, l’assenza di profonde cappelle laterali e del transetto permetteva di dispiegare un apparato architettonico effimero che facesse da scenografia al rito funebre ed esaltasse la gloria del defunto. Quattro anni più tardi, alla morte prematura di Alfonso IV, la Duchessa Laura Martinozzi finanziò un nuovo apparato funerario dando carattere stabile alle strutture temporanee realizzate in precedenza. I sontuosi apparati che celebrano le virtù degli Este, furono disegnati dal bolognese Gian Giacomo Monti, già da alcuni anni al servizio dei duchi di Modena per l’ideazione di opere effimere, e furono realizzati rapidamente tra il 1662 e il 1663 al fine di trasformare la chiesa nella sede stabile delle cerimonie funerarie estensi.
La struttura, voluta e in gran parte pagata da Laura Martinozzi, è costituita da pareti separate e indipendenti dalle mura originarie della chiesa (tra le due è presente un’intercapedine di circa quaranta cm), riccamente scandita da lesene e nicchie e da colonne libere nel presbiterio. I materiali utilizzati sono poveri (stucco e terracotta per le statue e le membrature architettoniche, incannucciato intonacato per il soffitto) ma dipinti di bianco a simulare il marmo e impreziositi da dorature. La celebrazione di casa d’Este è affidata alla rappresentazione di una vasta serie di personaggi storici beatificati o santificati, in parte appartenenti alla famiglia, in parte ad essa connessi secondo legami genealogici studiati dal gesuita Domenico Gamberti. Tali legami sono a volte fantasiosi, come la parentela con Matilde di Canossa, ma funzionali a sottolineare le virtù religiose della famiglia, in un’ottica controriformistica secondo la quale da queste discendono le virtù civili, politiche, intellettuali e militari.
Il complesso programma iconografico ideato dallo stesso Padre Gamberti è ordinato secondo quattro ordini. Il primo è rappresentato dalle tele degli altari laterali, oggi non più in loco, che rappresentavano le sante e i santi di casa d’Este; l’unica eccezione è la tela, ancora presente nello pseudo transetto destro, dipinta da Francesco Stringa con “I santi Monica, Agostino, Tommaso da Villanova e Guglielmo d’Aquitania che venerano l’immagine di Maria col Bambino” che inquadra, attraverso un foro ovale, l’affresco trecentesco di Tommaso da Modena della “Madonna col Bambino”, forse coincidente con l’immagine della “Madonna della Cintura” venerata nel Medioevo in questa chiesa. Il secondo ordine è costituito dalle statue collocate nelle nicchie e dalle storiette in stucco: esse rappresentano ancora le sante e i santi appartenenti alla famiglia o con essa imparentati, con una netta prevalenza di donne, fatto spiegabile con la committenza della Duchessa Laura Martinozzi. Sono opera dei plasticatori Giovan Battista Barberini (storiette), Lattanzio Maschio (sette statue nel presbiterio) e di un altro plasticatore della cerchia di Barberini (otto statue di regine e imperatrici nella navata). Il terzo ordine si compone dei medaglioni posti nella parte alta della parete: anch’essi sono opera di Barberini e rappresentano otto busti di santi re e quattro di santi pontefici. Infine, il quarto ordine è dato dalle figure di santi e beati dipinti negli sfondati del soffitto, opere di Francesco Stringa, Olivier Dauphin, Sigismondo Caula, Giovanni Peruzzini.
Il sontuoso apparato, nonostante la povertà dei materiali da costruzione, rimase in opera anche dopo il funerale di Alfonso IV e riutilizzato per le esequie del Duca Francesco II, nel 1695.
BIBLIOGRAFIA:
“Modena Capitale” Luigi Amorth, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Poligrafico Artioli SpA, 1997
“Gli Estensi. Mille anni di storia” Luciano Chiappini, Ferrara, Corbo Editori, 2001
“Gli Estensi. La corte di Modena” a cura di Mauro Bini, Il Bulino edizioni d’arte, 1997
Claudia Conforti “L’Architettura legittima il potere: Laura Martinozzi (1639?-1687), duchessa d’Este e duca di Modena (1662-1674)” p. 187-198, in “Bâtir au féminin? Traditions et stratégies en Europe et dans l’Empire ottoman”, Parigi, 2013
Roberta Iotti “Laura ducissa, Laura dux. Una donna al governo della corte estense”, Quaderni Estensi, Rivista, III, 2011