Beni storici – artistici

Ovali Carracci

A cura di

Federica Fanti

I cugini Carracci lavorarono ad una serie di quattro tele ovali di tema mitologico commissionate da Cesare d’Este per decorare il soffitto della Stanza del Poggiolo nel Palazzo dei Diamanti a Ferrara. La decorazione del soffitto è completata da undici tele, di queste quattro sono di mano dei Carracci e raffigurano Venere dipinta da Annibale, Plutone eseguito da Agostino, mentre restano di attribuzione più controversa sia come soggetto che come mano Galatea (o Divinità mariana) e Flora presumibilmente opere di Ludovico.

Le figure mostrano corpi massicci e carnali, caratteristiche ammorbidite da un naturalismo già maturo. Le divinità sono dipinte in forte scorcio prospettico, in quanto le tele erano alloggiate nel soffitto e quindi dovevano essere osservate dal basso verso l’alto.

Annibale dipinge una Venere dolcemente appoggiata ad una nuvola, intenta a guardare Amore rappresentato come un putto biondo armato di arco e faretra che rivolge lo sguardo verso lo spettatore. Venere dai capelli biondi ha il capo cinto da una corona di fiori e nella mano destra tiene un pomo dorato. Sotto alle figure sono dipinte due colombe bianche.

Plutone è rappresentato da Agostino come un uomo cupo, potente e muscoloso al suo fianco è presente Cerbero, il cane a tre teste, reso temibile dalle grandi fauci aperte. Il dio è ritratto in atteggiamento pensieroso con lo sguardo rivolto verso il basso mentre si porta la mano destra nella folta barba nera, nella mano sinistra stringe una chiave protetta dal terribile animale. 

Flora, fra i quattro dipinti eseguiti dai Carracci, presenta la composizione dal taglio prospettico più ardito, infatti è raffigurata in verticale invece che semisdraiata. La dea seduta su una densa nuvola rivolge il suo sguardo verso l’osservatore, accanto a lei è seduto un amorino con fantasiose ali di farfalla intento a suonare un tamburello. Flora nella mano sinistra tiene una corona d’alloro e contrariamente alle altre figure rappresentate senza veli indossa una veste che le lascia scoperto un seno.

L’altra divinità dipinta da Ludovico ha avuto, come la precedente, un’identificazione controversa, riconosciuta, forse, come Galatea, altre ipotesi la definiscono come la nereide Opi, mentre in tempi più recenti Sonia Cavicchioli ha proposto l’identificazione con Salacia, divinità marina moglie di Nettuno. La dea dai lunghi capelli biondi raccolti sulla fronte, regge le redini di un carro a forma di conchiglia trainato da animali marini, che fluttua tra le onde di un mare burrascoso. Il tono cupo dell’opera è rischiarato dal drappo rosso posato sulle gambe della dea. 

Siccome Palazzo dei Diamanti era un bene allodiale, e quindi ancora in disponibilità agli Este anche dopo la Devoluzione di Ferrara, le tele restarono lì fino all’inizio del Seicento quando furono trasportate a Modena. Alla fine del Settecento i quattro dipinti furono confiscati da Napoleone e presero la via di Parigi, fortunatamente saranno restituite all’Italia già nel 1815. Le tele sono oggi esposte nella Galleria Estense a Modena.

Ubicazione

Gallerie Estensi, Modena

Oggetto

Dipinto

Datazione

1592 ca

Tecnica e dimensioni

Olio su tela, Venere 109 x 130 cm; Plutone 109 x 130 cm; Galatea 110 x 131 cm; Flora 110 x 131 cm

Autore

Ludovico, Annibale e Agostino Carracci

Crediti

Agostino o Ludovico Carracci, Flora, Pubblico Dominio - https://it.wikipedia.org/wiki/File:Carracci_flora_modena.jpg "L. Carracci, Galatea, Di Saiko - Licenza CC BY-SA 4.0 - https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Ludovico_carracci,_galatea,_1592-93.jpg" A. Carracci, Pluto, Pubblico Dominio - https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Agostino_Carracci_01.jpg A. Carracci, Venere e Cupido, Pubblico Dominio - https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Annibale_Carracci_-_Venere_e_Cupido_Modena.jpg