Beni storici – artistici

Adorazione dei Pastori

A cura di

Federica Fanti

Il dipinto è da ritenersi una straordinaria opera del Mantegna, le dimensioni ridotte della tavola in relazione alla ricchezza cromatica e compositiva dell’opera, alludono al periodo fecondo della miniatura ferrarese.

Andrea Mantegna è attestato a Ferrara nel 1449 quando esegue un doppio ritratto, oggi perduto, di Leonello e di Folco da Villafora, suo camerlengo. Il tema sacro e tradizionale dell’adorazione dei pastori viene qui declinato seguendo le forme comuni della vita quotidiana in cui è possibile riconoscersi. Le figure dei pastori non sono state ingentilite per entrare a far parte della composizione, i loro volti sono solcati dalle rughe e indossano abiti vecchi e strappati che rispecchiano la condizione del tempo. Sono raffigurati nell’atto di inginocchiarsi con le mani giunte e il cappello in mano, alle loro spalle altri due pastori si apprestano ad avvicinarsi per rendere omaggio al Salvatore portando in dono un umile cesto pieno di uova. Al centro della composizione è dipinta la Madonna inginocchiata con lo sguardo rivolto al figlio, disteso sul suo mantello, entrambi sono circondati da tanti cherubini rossi e dorati che fuoriescono da esili nubi dai riflessi dorati. L’equilibrio della composizione è mantenuto dalla figura del San Giuseppe dormiente a sinistra che controbilancia quella dei due pastori a destra. Il Santo, che indossa belle vesti colorate, è assopito appoggiato ad un albero carico di frutti, ma si nota anche che la pianta ha due rami spezzati, probabilmente un’allusione al destino del Bambino. 

L’aspetto che colpisce di più in questa adorazione è la rappresentazione del paesaggio e dei suoi dettagli resi con estrema realtà, tanto da ricordare lo stile di una composizione fiamminga. Il paesaggio si compone di tratti aspri e rocciosi contrapposti ad aree verdi e dolci, il fiume scorre sinuoso tra due aridi speroni di roccia. La parte destra del dipinto è brulicante di vita: una figura in riva al fiume attende un’imbarcazione, mentre altre sono intente ad accudire gli animali, a destra un pastore con il suo gregge riceve la visita di un angelo. Alle spalle della Vergine è presente un’umile costruzione in legno, probabilmente la stalla, da cui sulla sinistra fa capolino un bue ruminante. Qui è rappresentato l’elemento più importante per ipotizzare il committente dell’opera: Mantegna ha dipinto una staccionata a cui è appesa una zucca, ma non è una staccionata qualsiasi è un paraduro, che fu assunto come emblema da Borso d’Este. Questa tipologia di steccato era utilizzato per proteggere i campi dalle inondazioni del fiume e spesso gli veniva legata una zucca “violina” (così chiamata perché di forma allungata, proprio come quella nella rappresentazione) che svuotata era usata come idrometro: il vegetale seguiva il livello delle acque e alzandosi avvertiva della piena imminente. Il paraduro è quindi associato alle bonifiche dei territori paludosi ferraresi e per questo fu un simbolo molto utilizzato da Borso, solo i suoi più fedeli dignitari di corte avevano l’onore di portarlo ricamato sugli indumenti.

Al momento della Devoluzione di Ferrara (1598) il dipinto prese la strada di Roma ed entrò a far parte della collezione Aldobrandini, dove rimase fino all’inizio dell’Ottocento quando fu acquistato dal commerciante d’arte e pittore inglese Alexander Day. Dopo vari passaggi venne acquistato dal grande antiquario Joseph Duveen e finì per arrivare a New York.

Ubicazione

Metropolitan Museum of Art, New York

Oggetto

Dipinto

Datazione

1450 ca

Tecnica e dimensioni

Tempera su tela, originariamente su tavola, 40 x 55,6 cm

Autore

Andrea Mantegna

Crediti

Pubblico dominio - https://www.metmuseum.org/art/collection/search/436966