La Bibbia fu commissionata da Borso d’Este poco dopo la metà del XV secolo, ed è considerato il manoscritto miniato più prezioso d’Italia. Per realizzarla fu creata una squadra di artisti, guidati dai miniatori Taddeo Crivelli e Franco dei Russi a cui fu affidata l’esecuzione, i quali lavorarono giorno e notte con l’aiuto di un nutrito numero di aiutanti. Borso infatti voleva un’opera magnifica che desse fama e lustro alla famiglia estense ma, oltre alla precisione, richiedeva anche velocità d’esecuzione. Borso usava l’arte come strumento per trasformare in qualcosa di visibile e tangibile la sua politica di magnificenza ed esaltazione della Casa d’Este. Dal ciclo di affreschi di Schifanoia alla Bibbia, l’opera d’arte era necessaria per mostrare un valore, una caratteristica o un proposito che celebrasse gli Este. L’importanza che la Bibbia rivestiva in questa sua visione è sottolineata dal contratto, datato 11 luglio 1455, che Borso stipulò con i due principali artisti il quale prevedeva la decorazione di una Bibbia dal formato speciale e suddivisa in due volumi: furono stabiliti i tempi, il compenso e alcuni particolari della decorazione. Inoltre, a Crivelli e a dei Russi, venne messa a disposizione un’abitazione in cui vivere e lavorare. L’opera era seguita con attenzione dal committente a cui venivano sottoposte per l’approvazione finale tutte le pagine; dopo i primi tre anni di lavoro il contratto venne rivisto con condizioni più rigorose: venne stabilita la quantità di lavoro da consegnarsi ogni mese e, solo per il dei Russi, nel caso in cui la consegna non fosse stata rispettata, era prevista una multa. Come da contratto la realizzazione del manoscritto fu portata a termine in sei anni, dal 1455 al 1461: 600 carte in pergamena miniate da entrambi i versi per un totale di 1202 pagine. Il manoscritto costò a Borso 5610 lire marchesane, tra pergamena, scrittura, miniature, cucitura, doratura dei fascicoli, la cassa in legno per la sua conservazione, la sovracoperta di panno ricamato con fili d’oro e i fermagli in argento. L’attenzione al lavoro dei miniatori e il costo complessivo che Borso fu disposto a pagare per l’opera dimostrano la ferma volontà di creare quello che viene considerato un capolavoro del Rinascimento, che allora come oggi, esalta la Casa d’Este. Borso sapeva di possedere un capolavoro infatti, oltre a mostrarlo ad ambasciatori e sovrani in visita a Ferrara, lo portò con sé a Roma nel 1471 quando ricevette dal Pontefice Paolo II il tanto desiderato titolo ducale su Ferrara.
La Bibbia diviene il simbolo della grandezza raggiunta dalla famiglia e tale importanza doveva essere tradotta visivamente con immagini che esprimessero le azioni, le gesta e le più alte qualità degli Estensi. La decorazione dei fregi marginali è ricca di “imprese” che sono la rappresentazione visiva, spesso ermetica nel suo significato, di un proposito, di un comportamento, di un desiderio o di una condotta. Sono adottate dai regnanti per farsi riconoscere, associando il proprio nome a particolari avvenimenti o caratteristiche, anche per distinguersi per fama e importanza dai propri predecessori. L’impresa spesso è completata da un motto che con poche parole aiuta a comprendere il significato volutamente enigmatico dell’immagine.
La decorazione non rimane relegata alle sole iniziali miniate ma si sviluppa entro fregi dove trova una narrazione continua in vignette e medaglioni tra emblemi, imprese, putti, iscrizioni, animali reali e fantastici, flora e vegetazione; tutti elementi che rimandano alla potenza estense evocata dalle rappresentazioni dell’acqua, della campagna e della caccia.
Nel 1598 a seguito della Devoluzione di Ferrara la Bibbia seguì gli Estensi a Modena. Il timore delle spoliazioni causate dall’invasione di Napoleone fece trasferire l’opera a Vienna dove gli Este erano in esilio e ritornò a Modena nel 1831 con Francesco IV d’Austria-Este. L’ultimo Duca di Modena Francesco V la portò nuovamente a Vienna quando, nel 1859, abbandonò per sempre i territori del Ducato. Qui la Bibbia passò in eredità all’arciduca Ferdinando a Francesco Giuseppe ed infine a Carlo I la cui moglie Zita la vendette sul mercato antiquario di Parigi. Dopo un primo passaggio di proprietà fu recuperata nel 1923 e acquistata all’asta a Parigi dal senatore Giovanni Treccani per l’astronomica cifra di quasi 5.000.000 di lire. Treccani nel 1925 la restituì allo Stato Italiano donandola alla Biblioteca Estense di Modena, dove è ancora oggi custodita.
Attualmente è possibile ammirare e consultare questo inestimabile capolavoro del Rinascimento direttamente a casa con pochi clic grazie all’importante lavoro di digitalizzazione svolto dall’Estense Digital Library.
Clicca sul link per accedere alla versione sfogliabile della Estense Digital Library: https://edl.beniculturali.it/open/3015932
Identificatore persistente Bibbia di Borso d’Este: https://n2t.net/ark:/65666/v1/16178 e https://n2t.net/ark:/65666/v1/16179