Beni storici – artistici

Il risveglio di Venere

A cura di

Federica Fanti

Il dipinto attribuito con certezza alla mano di Dosso Dossi è tutt’ora al centro di diverse ipotesi interpretative volte a identificare sia il soggetto che la committenza. L’opera proviene dalla corte estense ed è transitata in numerose raccolte prima del suo ultimo passaggio di proprietà che l’ha portata, nel 1999, a Bologna nella collezione di Unicredit Banca in Palazzo Magnani. Verso la metà del Seicento la tela si trovava a Roma nella raccolta del cardinale Antonio Barberini, per poi passare in eredità al Principe Maffeo Barberini. Non si hanno più sue notizie fino al 1980 quando compare in Inghilterra, acquistata dalla casa d’aste Sotheby’s e poi rivenduta alla collezione d’arte di Unicredit Banca.

Secondo la prima ipotesi interpretativa il soggetto della tela è Venere, bellissima e seminuda, è dolcemente distesa in primo piano sopra un drappo blu e arancio che avvolge anche parte del suo corpo. La dea è rappresentata in un gesto spontaneo mentre si porta la mano destra alla fronte per vedere meglio Amore che, in alto sopra di lei, sta uscendo dalle nubi. Fa da sfondo alle spalle di Venere un albero che protende verso di lei un ramo carico di mele, mentre sulla sinistra il paesaggio si apre prima in un prato poi in un fitto bosco infine, sullo sfondo, si intravede una città. Al limite della zona boschiva sono presenti tre figure: una coppia seduta intenta a suonare il flauto, mentre un uomo più anziano appoggiato ad un bastone li ascolta. Se la donna distesa in primo piano è identificabile con Venere la presenza della dea legherebbe il dipinto al tema amoroso e questo può alludere ad un matrimonio. La mancanza di prove documentarie e di una datazione certa lasciano aperte due ipotesi sulla sua committenza: se il quadro fosse stato eseguito nel periodo 1524-1525, come proposto da Ballarin, potrebbe alludere alla relazione tra Alfonso I e Laura Dianti, tesi che troverebbe un sostegno nella presenza di un ramo di alloro, esplicita riferimento al nome della donna amata dal Duca. D’altro canto se si propende per una datazione di qualche anno più tarda si giungerebbe al 1528 anno in cui si celebrò il matrimonio tra Ercole II e Renata di Francia. 

Un’altra ipotesi interpretativa pone l’attenzione su quel cielo coperto da dense nuvole cariche di pioggia il quale è un elemento che stona all’interno di una tela dipinta per un’occasione lieta e festosa come quella matrimoniale. Recentemente Farinella ha indicato nel soggetto del dipinto una vicenda di Amore e Psiche, narrata da Apuleio nell’“Asino d’oro”. La figura femminile sarebbe quindi Psiche colta nel momento di disperazione, perché ha infranto il divieto di incontrare Amore solo nell’oscurità e per questo è stata abbandonata dal dio.

Qualunque sia l’interpretazione corretta della tela Dosso Dossi dipinge una straordinaria pagina della pittura padana rinascimentale, in cui si scorge una personale elaborazione della “Venere” di Giorgione. 

Particolari come il velo trasparente che copre le nudità della donna, la morbida naturalezza del suo corpo e il paesaggio dipinto sullo sfondo fanno emergere la raffinatezza della sua pittura.

Ubicazione

Collezione Unicredit Banca, Palazzo Magnani, Bologna

Oggetto

Dipinto

Datazione

1524-1525 oppue 1528 ca

Tecnica e dimensioni

Olio su tela, cm 120,5 x 157

Autore

Giovanni Luteri detto Dosso Dossi