Nel 1544 Ercole II d’Este commissiona una serie di dipinti per le “stanzie nove de corte”, ovvero quelle stanze prossime a via Coperta, nel Palazzo Ducale di Ferrara. I documenti conservati presso l’archivio estense a Modena riportano il pagamento effettuato nello stesso anno a favore di Battista Dossi per aver dipinto quattro opere il “Giorno” (oggi disperso), la “Notte” e l’”Aurora” (conservati a Dresda) e la “Giustizia”. A quest’ultima tela probabilmente faceva da pendant la “Pace” dipinta sempre da Battista Dossi, affine sia come soggetto allegorico che come dimensioni (custodita a Dresda) e completavano la serie “Caso e Penitenza” di Girolamo da Carpi e “Pazienza” di Camillo Filippi. Una decina di anni dopo, conclusi i lavori di ristrutturazione del Castello, i dipinti furono spostati nella “Camera della Pazienza” che sarebbe diventato lo spazio più rappresentativo e prestigioso per Ercole, infatti alle pareti erano esposte le opere che riflettevano le virtù politiche del Duca, qui trovava posto anche lo straordinario busto di Ercole II scolpito da Prospero Spani.
Dopo la morte del fratello, Battista Dossi divenne un poliedrico pittore di corte, era infatti chiamato a lavorare a diversi progetti: dalla creazione di mobili, all’ideazione di apparati effimeri per le feste fino alla preparazione dei disegni per gli arazzi. Nella rappresentazione della “Giustizia” – ed anche in quella della “Pace” – si trovano riferimenti alla statuaria classica, il pittore pone al centro della tela una giovane donna in piedi che regge con la mano destra un fascio littorio, allusivo alla severità delle regole, mentre con la sinistra tiene sospesa in equilibrio una bilancia, simbolo di equità. L’incorruttibilità e l’integrità sono invece rappresentate dai tre vasi metallici rovesciati sul terreno dai quali sono fuoriuscite delle monete, sparse ai piedi della Giustizia. La donna veste un lungo abito verde e una sopravveste rossa riccamente decorata con ricami e perle, sul petto è fermato un mantello blu esternamente e giallo all’interno, ai piedi indossa sandali dorati. Lo sguardo della Giustizia, rivolto verso destra, è sereno ma imperscrutabile, mentre dalle labbra sembra nascere un tiepido sorriso. I capelli biondi sono intrecciati sul capo in un’elaborata acconciatura da cui alcune ciocche cadono sulle spalle, la testa è cinta da un velo scuro. Alle sue spalle è dipinto un folto arbusto, forse un pioppo selvatico o un gattice, tipico del paesaggio emiliano mentre sulla destra si apre un paesaggio collinare caratterizzato da una montagna irta e rocciosa, alla cui base sono presenti diverse architetture, probabilmente una città.
Dopo la Devoluzione di Ferrara i dipinti della “Giustizia” e della “Pace” furono trasferiti a Modena (1598), qui rimasero fino al 1746 quando entrano nella lista dei cento dipinti della collezione estense venduti dal Duca Francesco III d’Este ad Augusto III Re di Polonia ed Elettore di Sassonia per la Gemäldegalerie di Dresda.