Beni storici – artistici

Orlando Furioso

A cura di

Federica Fanti

Il poema cavalleresco “Orlando Furioso” è riconosciuto come la prima opera moderna pensata per la stampa, scritta da Ludovico Ariosto, prosegue idealmente la narrazione dell’”Orlando Innamorato” di Matteo Maria Boiardo edito nel 1483 e dedicato ad Ercole I d’Este. Anche questo lavoro è destinato ad un membro della Famiglia d’Este, infatti, nella terza ottava le rime indicano il Cardinale Ippolito per cui Ariosto era a servizio fin dal 1503.

Piacciavi, generosa Erculea prole,
ornamento e splendor del secol nostro,
Ippolito, aggradir questo che vuole
e darvi sol può l’umil servo vostro.
Quel ch’io vi debbo, posso di parole
pagare in parte e d’opera d’inchiostro;
né che poco io vi dia da imputar sono,
che quanto io posso dar, tutto vi dono.”

La trama del poema è ricca di vicende che si intrecciano tra loro, coinvolgendo il lettore in un continuo alternarsi di storie e di personaggi e nella narrazione sono individuabili tre filoni principali. Il primo è quello legato alla guerra tra l’esercito cristiano di Carlo Magno e i Mori che dall’Africa giungeranno fino alle porte di Parigi, il secondo è legato alle avventure e alla follia di Orlando. Mentre l’ultimo nucleo narrativo tratta il tema encomiastico rivolto alla corte estense e sviluppato attraverso l’amore tra Bradamante e Ruggiero riconosciuti come i capostipiti della Casa d’Este. Il proemio dell’opera espone già chiaramente gli argomenti che verranno trattati nel corso della narrazione:

“Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori,
le cortesie, l’audaci imprese io canto,
che furo al tempo che passaro i Mori
d’Africa il mare, e in Francia nocquer tanto,
seguendo l’ire e i giovenil furori
d’Agramante lor re, che si diè vanto
di vendicar la morte di Troiano
sopra re Carlo imperator romano

L’Ariosto iniziò la redazione dell’opera precocemente, forse già intorno ai primi anni del Cinquecento, a riprova di questo sappiamo da una lettera di Isabella d’Este datata 1507 che l’autore si recò da lei alla corte di Mantova per leggerle i primi versi del suo componimento.

Il poema scritto in ottave fu soggetto ad anni di revisioni e trascorsero ben sedici anni prima che l’autore giungesse alla versione definitiva. La prima edizione uscì il 22 aprile 1516 dalla stamperia di Giovanni Mazzocco da Bondeno. Nell’ultima e definitiva edizione, uscita nell’ottobre del 1532, Ariosto seguì le indicazioni linguistiche di Pietro Bembo, modificando la lingua volgare padana, farcita di forme dialettali e latinismi, in fiorentino letterario, inoltre nell’ultima versione furono aggiunti diversi episodi portando così il poema da quaranta a quarantasei canti.

Le prime edizioni del poema e un manoscritto autografo, ma parziale, sono oggi conservati nella Biblioteca Ariostea ubicata in Palazzo Paradiso a Ferrara. L’opera ebbe un grande successo già presso i contemporanei facendone non solo un capolavoro del Rinascimento ma anche della letteratura italiana.

Ubicazione

Biblioteca Ariostea, Ferrara

Oggetto

Libro a stampa

Datazione

Prima edizione 1516, seconda edizione 1521, terza e definitiva 1532

Autore

Ludovico Ariosto

Crediti

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