Cesare abbandonò Ferrara per Modena, nuova capitale del suo Ducato, nel 1598. La città non era pronta per ospitare una corte tanto raffinata e numerosa, il castello fu quindi velocemente ristrutturato per renderlo abitabile e solamente qualche anno dopo iniziarono le decorazioni e l’abbellimento del luogo.
Cesare dal forte sentimento religioso, volle accanto al suo appartamento privato una cappella, i cui lavori si conclusero nel giorno dedicato alla Natività della Vergine a cui il luogo sacro era dedicato (8 settembre 1602). Il tema mariano si sarebbe dovuto sviluppare sulla pala d’altare e in altri dipinti che però al momento dell’inaugurazione non erano presenti, Cesare infatti aveva commissionato le opere ad Annibale Caracci e Caravaggio, ma questi non portarono a termine la richiesta del Duca e, solo dopo molto tempo, Cesare si convinse a coinvolgere artisti locali certamente più affidabili. Fu così che la pala d’altare fu commissionata allo Scarsellino, mentre altre due tele a Ercole dell’Abate e Bartolomeo Schedoni. I dipinti illustrano tre episodi della vita della Vergine e, seppur sviluppati in maniera non coordinata e in tempi differenti tra i tre artisti, il trittico si presenta dinamico e di ottima qualità pittorica.
La “Natività della Vergine” dipinta dallo Scarsellino nel 1607 presenta un impianto narrativo fortemente teatrale, evidenziato dal sapiente gioco di luci e ombre. Il fulcro del dipinto è la piccola neonata, innalzata al cielo dalle braccia dei genitori Sant’Anna e Gioacchino. Da una densa nube affollata di cherubini emerge Dio Padre a gioire della nascita della futura Madre di Cristo. Attorno all’episodio sacro si muovono solo figure femminili, impegnate in varie attività legate alla nascita: sulla sinistra la donna in primo piano porta una culla, dietro un’altra trasporta un’anfora, mentre in primo piano una donna di spalle si appoggia ad un catino di legno. La figura sulla destra, anche questa di spalle, si appresta ad aprire il tendaggio verde del baldacchino su cui è coricata Sant’Anna. Nella parte bassa del dipinto i colori predominanti sono il blu e il giallo che emergono con vigore dal fondo scuro creando una forte contrapposizione rispetto alla parte superiore in cui i toni scuri sono prevalenti.
Ai lati dell’ingresso minore erano collocati i due dipinti lo “Sposalizio della Vergine” e la “Presentazione al Tempio” entrambi ambientati in un complesso interno architettonico dove l’episodio centrale è relegato in secondo piano, utilizzando in primo piano personaggi di spalle come quinte. Nella prima opera, dipinta da Schedoni, la scena religiosa avviene sulla sommità di una scalinata; il pittore dispone sapientemente i personaggi di contorno alla scena centrale in modo da agevolare lo sguardo dello spettatore. In primo piano troviamo un giovanotto di spalle che volge lo sguardo al di fuori del dipinto, invitandoci ad entrare nella conversazione che sta intrattenendo con due anziani, mentre dietro due uomini stanno salendo le scale accompagnandoci al fulcro della rappresentazione. Lo sfondo è decorato da un’imponente architettura gremita da una folla di gente intenta ad assistere all’avvenimento. La “Presentazione della Vergine al Tempio” ha una struttura simile al dipinto precedente, infatti il primo piano è occupato dalla figura di una giovane donna seduta di spalle in atto di volgersi verso lo spettatore, accanto a lei è posato un cesto con una colomba. L’interno è scandito da colonne che conducono lo sguardo fino all’abside semicircolare dove, davanti, si svolge l’episodio sacro. Le figure che si stringono attorno alla Vergine e al Sacerdote mostrano un tratto più rapido, rispetto a quelle dipinte in primo piano.
I tre dipinti che decoravano la cappella di Cesare sono una preziosa testimonianza della pittura padana di inizio Seicento che ancora oggi si possono ammirare nelle collezioni della Galleria Estense.