Tra il 1632 e il 1633 Guercino dipinse i ritratti del Duca Francesco I e della consorte Maria Farnese (oggi perduti) e fu accompagnato a Modena dall’allievo Matteo Loves. Probabilmente già in quest’occasione ricevette la commissione del dipinto con Venere, Marte e Cupido: l’opera fu realizzata come parte di un ciclo destinato a decorare la Stanza dei Sogni nel Palazzo Ducale di Sassuolo.
Il dipinto coinvolge immediatamente perché davanti ad esso lo spettatore diventa il bersaglio verso cui Cupido tende la sua freccia. La scena è divisa in due parti a destra sono rappresentati Venere e Cupido che, con il chiarore dei loro corpi seminudi, emergono dal fondo scuro, mentre a sinistra è dipinto Marte in armatura, il quale con un rapido gesto scopre la scena aprendo un tendaggio. L’iconografia è inconsueta infatti non è Marte il bersaglio del dio dell’Amore ma, seguendo il cenno della madre, Cupido tende il suo arco rivolgendolo all’esterno del quadro. È la mano di Venere ad indicare a Cupido il bersaglio verso cui scoccare la sua freccia, forse è idealmente rivolto verso Francesco I il committente dell’opera. Ad avvalorare questa ipotesi sulla faretra, posta sotto la mano sinistra di Venere, è dipinta l’aquila simbolo estense per eccellenza.
La dea, armoniosamente seduta in primo piano, è nuda coperta solo parzialmente da un drappo dorato e cangiante, i capelli biondi sono raccolti sulla testa in un’acconciatura ornata da perle e gemme. Il suo volto seppur sereno mostra uno sguardo determinato, consapevole della sua potenza. Cupido è rappresentato con i capelli biondi scompigliati, il suo sguardo vivace punta senza esitazione al bersaglio. Alle loro spalle da dietro una tenda scura appare Marte che li guarda sorpreso. Il dio della guerra ha il volto barbuto, indossa un’armatura rischiarata da bagliori metallici, l’elmo piumato e un mantello rosso, mentre nella mano sinistra strige un’asta.
Il fascino di quest’opera del Guercino consiste nell’aver creato una rappresentazione insolita in cui lo spettatore entra in relazione diretta con la scena raccontata all’interno del dipinto, chiunque davanti a questo Cupido diviene il bersaglio del dio dell’Amore.
Il dipinto rimase nel Palazzo Ducale di Sassuolo fino al 1745 quando fu trasferito in quello di Modena, in seguito Napoleone portò il capolavoro in Francia dove vi rimase tra il 1796 e il 1815, per poi rientrare nelle collezioni estensi a Modena.