Isabella d’Este, figlia primogenita del Duca Ercole I, è stata senza dubbio una delle donne più influenti del Rinascimento, famosa sia per le sue capacità politiche di cui rimangono tracce nella copiosa corrispondenza epistolare con le più importanti personalità dell’epoca, quanto per la passione collezionistica di opere d’arte. Sposata con Francesco II Gonzaga, è stato proprio grazie alle doti diplomatiche di Isabella che il Marchesato di Mantova venne elevato dall’Imperatore Carlo V a Ducato. Mentre delle sue passioni artistiche, restano a testimonianza il favoloso Studiolo – è stata la prima donna ad avere uno spazio privato per i propri interessi artistici e culturali – e la Grotta, nei quali custodiva le opere più illustri degli artisti dell’epoca, dal Mantegna al Perugino, e dove era esposta una straordinaria collezione di antichità.
La vita: l’educazione e il matrimonio
Primogenita del Duca Ercole I d’Este e di Eleonora d’Aragona, Isabella d’Este è nata il 17 maggio 1474. Nonostante non fosse un maschio, requisito di primaria importanza nella linea di successione del Ducato, la prima figlia del Duca fu accolta con gioia perché arrivata dopo due gravidanze non portate a termine.
Anche al di fuori del contesto familiare, la sua figura ha ben presto conquistato e raccolto ammirazione, consegnandola alla storia come uno dei personaggi centrali del Rinascimento: mecenate, collezionista e gran dama, ma soprattutto abilissima nella politica, in grado di tessere relazioni e legami capaci di proteggere i propri territori, tanto che Niccolò da Correggio la definì “La prima Donna del mondo”.
Isabella aveva ricevuto fin dall’infanzia un’educazione di altissimo livello, dal latino al canto e alla danza, senza trascurare lo studio degli strumenti musicali. Ma è stata l’esclusiva opportunità, proprio perché primogenita, di frequentare principi, ambasciatori e tutte le grandi personalità di passaggio a Ferrara, a permetterle di imparare fin da piccolissima le regole di corte e il trattare con disinvoltura gli ospiti più importanti: questa esperienza le fu di fondamentale importanza nelle future trattative politiche e diplomatiche.
Il primo accordo politico la vide protagonista all’età di soli sei anni, quando per rafforzare le alleanze tra le famiglie, fu promessa in sposa a Francesco II Gonzaga, che al tempo aveva quattordici anni. A soli pochi giorni dal fidanzamento ufficiale la Duchessa di Milano la chiese in moglie per il figlio Ludovico Sforza, detto il Moro. Visto l’impegno con i Gonzaga al Moro fu concessa la mano della secondogenita, Beatrice, ma il pensiero per quell’occasione mancata, l’idea di un destino prestigioso presso la corte milanese aveva affascinato Isabella, che invece dovette accontentarsi di un Marchesato: a questo è riconducibile il senso di rivalità nei confronti della sorella minore che connotò il loro rapporto per tutta la vita.
Il matrimonio con il Gonzaga fu celebrato, come previsto, nella cappella ducale a Ferrara il 12 febbraio 1490, ma senza la presenza dello sposo, come spesso accadeva all’epoca. Il giorno seguente il corteo nuziale iniziò il viaggio verso Mantova, attraversò una Ferrara in festa poi, arrivato sulle sponde del Po, Isabella si imbarcò sul bucintoro salutando le sue terre natie. Il viaggio durò tre giorni e solo il 15 febbraio Isabella varcò la porta della sua nuova città per incontrare finalmente Francesco Gonzaga, che la stava attendendo accompagnato dal seguito di ambasciatori, cavalieri e gentiluomini. Tutta Mantova festeggiava e già al tempo si calcolò che gli ospiti stranieri invitati fossero quasi 17.000. Del resto queste nozze vengono ricordate tra le più importanti dell’epoca: otto giorni di festeggiamenti, fino alla fine del carnevale, con banchetti, tornei, giostre, spettacoli, mense, e si racconta che in quei giorni persino le fontane dispensavano vino invece di acqua.
Isabella si fece subito apprezzare per le sue doti di gran dama di corte, stringendo già da quei primi momenti un forte legame con la cognata Elisabetta, moglie del Duca di Urbino, con cui per tutta la vita mantenne una copiosa corrispondenza epistolare.
Il matrimonio portò ai coniugi ben sei figli, e pare che la stessa Isabella, nonostante la sua storia personale, non riuscì mai ad affezionarsi alle figlie femmine. Solamente il 17 maggio del 1500 nacque l’atteso figlio maschio, Federico. La differenza di atteggiamento fu subito evidente: per lui Isabella usò per la prima volta la preziosa culla dipinta regalatole dal padre, che invece non aveva mai voluto utilizzare per le figlie femmine.
La passione per le arti
Gli anni alla corte dei Gonzaga si susseguirono tra viaggi e ambasciate e, oltre alla famiglia, Isabella si dedicò alle sue grandi passioni: l’arte e il teatro. Non a caso fu la prima donna a possedere uno Studiolo personale, uno spazio riservato ai suoi interessi culturali e intellettuali che ogni ospite di passaggio per Mantova ambiva a visitare per vedere la ricchezza della sua raccolta d’arte, tra cui i dipinti del Mantegna, Lorenzo Costa e Pietro Perugino che ne occupavano le pareti. Isabella si prese cura dello Studiolo per tutta la vita: fu il primo ambiente di cui si occupò al suo arrivo a palazzo e, nel 1498, quando lo spazio divenne troppo piccolo per contenere tutte le opere che andava collezionando, iniziò la costruzione della Grotta: un ambiente sottostante allo Studiolo, caratterizzato da un’ampia volta a botte, dove ospitare la ricca collezione di marmi, sculture e antichità greche. Non ci fu ospite illustre o amante dell’arte che non volesse visitare questi splendidi ambienti, in cui trovavano posto anche gemme, monete, opere di intarsio, bassorilievi, vasi e cammei.
Al tempo del suo arrivo alla corte mantovana il pittore ufficiale era Andrea Mantegna, con il quale i rapporti si guastarono quasi subito. La causa fu un ritratto del pittore che Isabella non gradì a tal punto da non volere mai più essere rappresentata dal Mantegna. Isabella voleva dare un’immagine di sé che rispondesse ai canoni cortigiani, e per questo si rivolse ad altri pittori di corte. L’appartenenza alla famiglia dei Gonzaga le diede infatti l’opportunità di conoscere grandi artisti: tra questi Gian Cristoforo Romano, scultore, orafo e medagliere, che già aveva lavorato per la sorella Beatrice d’Este prima alla corte Estense e poi a quella Milanese. Si trova testimonianza di tale rapporto nel busto preparatorio in terracotta (ora conservato presso il Kimbell Art Museum, Fort Worth, USA,) e in una medaglia in oro con l’effige di Isabella decorata con diamanti e smalti (ora al Kunsthistorische Museum di Vienna).
A Mantova incontrò anche Leonardo da Vinci: Isabella non perse l’occasione per farsi ritrarre, quando l’artista, agli inizi del ‘500, in fuga dai francesi che avevano espugnato Milano, trovò riparo alla corte dei Gonzaga. In questa circostanza Leonardo eseguì due schizzi del ritratto di Isabella, uno fortunatamente è giunto fino ai giorni nostri, ed è conservato ora al Musée du Louvre a Parigi (attualmente si conoscono cinque copie di cui una conservata al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi a Firenze). Con insistenza Isabella cercò di convincere Leonardo a proseguire il disegno su cartone, compiendo il dipinto, ma gli impegni del pittore non permisero di accondiscendere alla richiesta della Marchesa.
La passione di Isabella per il teatro nacque invece dalla corte Estense di Ferrara, dove le rappresentazioni teatrali erano di gran moda e frequenti. Isabella riuscì, con tenacia e volontà, a portare a Mantova vari spettacoli: il primo potrebbe essere coincidente con la commedia “Captivi” di Plauto, nel 1496. Lo straordinario impegno di Isabella nel promuovere il teatro la portò negli anni successivi a rivaleggiare direttamente con la corte di Ferrara.
Infine, Isabella intrattenne con Ludovico Ariosto una assidua corrispondenza epistolare e la stima reciproca portò il poeta, già nel 1507, ad illustrare alla dama i contenuti del suo “Orlando Furioso” e a consegnarle personalmente la prima edizione del 1516.
Politica e diplomazia
Nel 1501 Alfonso, fratello di Isabella e futuro Duca di Ferrara, sposò Lucrezia Borgia, figlia del Pontefice Alessandro VI e al terzo matrimonio. La Marchesa, come primogenita e sorella maggiore di Alfonso, fu obbligata a fare gli onori di casa e a ricevere la sposa nella sua città natale. La rivalità tra le due nobildonne è cosa nota: l’incontro a Ferrara fu preceduto da azioni di spionaggio (per carpire informazioni sulle vesti, sui gioielli e sulle abitudini) di cui le cronache di quei giorni ci lasciano numerosi aneddoti. Le ostilità arrivarono al culmine con la probabile storia d’amore che legava il marito di Isabella a Lucrezia, di cui si vociferava nelle rispettive corti.
Le vicende di Mantova e Ferrara furono comunque destinate ad intrecciarsi ancora: infatti, nel 1509 le città aderirono entrambe alla Lega di Cambrai guidata dal Pontefice Giulio II, che insieme a Ferdinando II d’Aragona (Re di Napoli e Re di Sicilia), all’Imperatore Massimiliano I d’Asburgo (Imperatore del Sacro Romano Impero), a Luigi XII (Re di Francia e Duca d’Orleans) e a Carlo II (Duca di Savoia) si allearono contro le mire espansionistiche di Venezia. Sfortunatamente, l’8 agosto 1509, Francesco Gonzaga venne catturato dai Veneziani e trascinato in carcere, dove sarebbe poi rimasto quasi un anno. Isabella, appresa la terribile notizia, si mobilitò immediatamente per il suo rilascio e dimostrò le sue doti politiche governando con fermezza lo Stato di cui era responsabile in assenza del marito. Nel giugno del 1510, dopo innumerevoli trattative e anche grazie all’intervento diplomatico di Giulio II, Francesco fu liberato, ma come pegno di fedeltà verso lo Stato Pontificio, venne inviato a Roma come “ospite”, o meglio ostaggio, del Pontefice il piccolo Federico Gonzaga di 10 anni, che farà ritorno a casa solo nel 1513.
Alla morte del marito, avvenuta nel 1519, Isabella fu chiamata a governare il Marchesato di Mantova come reggente del figlio Federico, di 18 anni, dando ancora una volta prova delle sue capacità e delle doti diplomatiche e politiche. Dopo la salita al potere del figlio, Isabella si trasferì alla Corte Vecchia, ed il primo pensiero fu quello di ricreare nella sua nuova dimora gli ambienti a lei più cari: lo Studiolo e la Grotta (1520-1522).
Isabella, ormai fuori dalla politica di corte, continuò a tessere relazioni epistolari con sovrani, cardinali, artisti e letterati, trascorrendo il tempo viaggiando, nella ricerca di quegli oggetti preziosi che continuava a collezionare. Proprio queste sue passioni collocano Isabella nella città eterna durante il Sacco di Roma, il 6 maggio 1527. In quei momenti concitati, temendo sicuramente anche per la propria vita, la sua preoccupazione maggiore era per le sorti dei tre figli maschi che, in quel momento, si trovavano su tre fronti diversi: Federico alleato del Papa, Ercole aveva appena ricevuto la berretta cardinalizia, mentre Ferrante militava tra le forze spagnole. Isabella trovò rifugio a Palazzo Colonna, che sarà risparmiato dai terribili assalti dei lanzichenecchi, e qui diede riparo a circa 2.500 persone: la storia narra che non lasciò Roma finché non fu sicura di avere posto tutti in salvo. Non è certo se l’episodio fu reso noto a Carlo V, che aveva sì ordinato la calata dei lanzichenecchi a Roma, ma che dovette prendere le distanze dai loro atti violenti. Il particolare non sarebbe ininfluente perché l’Asburgo, nel frattempo, era stato incoronato a Bologna Re d’Italia e Imperatore del Sacro Romano Impero; alla cerimonia fu presente anche Isabella. Con la nuova investitura Carlo V, nel 1530, decise di elevare Federico da Marchese a primo Duca di Mantova. Un successo che fu ottenuto anche grazie alle abili manovre diplomatiche di Isabella, la quale, nonostante fosse stata tagliata fuori dagli affari di Stato proprio dal figlio, continuò a tessere relazioni con le più influenti personalità del tempo, per consolidare e accrescere il potere della corte di Mantova. Le lettere che Isabella scrisse durante il corso della sua vita sono circa 15.500 e questa intensa attività caratterizzò tutta la sua esistenza.
Nel 1538 trascorse nella sua città natale il carnevale e, anche se affaticata, volle andare a Venezia, per acquistare ancora oggetti preziosi, rientrando a Mantova solo nel mese di novembre in condizioni fisiche non buone. Isabella continuò a intrattenere scambi epistolari fino alle ultime settimane di vita, fino a quando, una sera di febbraio del 1539, all’età di 64 anni, chiamò attorno a sé le persone più care per un ultimo abbraccio e si spense. Verrà sepolta nella Chiesa di Santa Paola a Mantova.
Lo Studiolo di Isabella
Come detto, Isabella fu la prima donna a possedere uno spazio tutto per sé dedicato allo studio, alla lettura e alla conservazione degli oggetti d’arte che nel tempo andava collezionando.
Il primo allestimento dello Studiolo avvenne nella torre nordorientale del Castello di San Giorgio, dove Isabella risiedeva e si dedicò a questo progetto con passione ed energia, inizialmente anche per combattere la noia di un marito sempre lontano e la tristezza di aver abbandonato la sua città natale. Dopo la morte del marito e la salita al potere del figlio Federico, le sue collezioni vennero spostate in Corte Vecchia, l’odierno Palazzo Ducale di Mantova.
Qui Isabella occupò due appartamenti adiacenti che formano una pianta a ‘L’: l’Appartamento della Grotta è composto dallo Studiolo, dalla Grotta, da altre stanze e camerini privati e infine dal giardino segreto, mentre l’Appartamento di Santa Croce ha sale di rappresentanza più ampie. Tra lo Studiolo e la Grotta si apre un portale realizzato con marmi policromi di grande pregio e decorato con motivi vegetali e figure, opera dello scultore Cristoforo Romano, databile all’inizio del Cinquecento.
Isabella concepì qui uno spazio sontuoso e se ne occupò personalmente, fin dalla scelta della pavimentazione che ricadde su pregiate maioliche provenienti da Pesaro decorate con i suoi motti, oltre ai simboli e agli stemmi dei Gonzaga.
Alle pareti dello Studiolo trovava posto un ciclo di dipinti ispirati alla filosofia platonica: si tratta di allegorie che rappresentavano il trionfo della virtù sulle passioni, dell’armonia e la vittoria dell’amore casto su quello carnale. Le opere furono commissionate personalmente da Isabella, tra il 1496 e il 1530, ai più famosi artisti del tempo: Andrea Mantegna, “Il Parnaso” e “Minerva scaccia i Vizi dal giardino delle Virtù”; il Perugino, “Battaglia tra Amore e Castità”; Lorenzo Costa, “Isabella d’Este nel regno di Armonia” e “Il regno del dio Como”; Correggio, “Allegoria della Virtù” e “Allegoria del Vizio”; questi ultimi presentano una composizione speculare indicata per essere posti ai lati di un ingresso, quindi commissionati per la nuova residenza in Corte Vecchia. I dipinti, pur prendendo strade diverse, oggi si trovano tutti esposti al Musée du Louvre a Parigi.
Doveva far parte di questo ciclo anche un’opera di Giovanni Bellini, si tratta de “Il Festino degli Dei” che però fu poi acquistata dal duca Alfonso I per il proprio “Camerino d’Alabastro”. L’opera è oggi conservata alla National Gallery of Art di Washington.
Oggi lo spazio dello Studiolo appare vuoto, non restano tracce degli oggetti elencati a tre anni dalla morte di Isabella dal notaio Odoardo Stivini. A restituire al visitatore l’idea dell’eccezionalità di questo luogo, restano nello Studiolo il soffitto ligneo caratterizzato da raffinati intagli e dall’alternanza del colore blu e dell’oro (riposizionato qui nel 1933), e nella Grotta la boiserie intagliata con decorazioni di strumenti musicali e architetture.
È inequivocabilmente uno spazio di Isabella: non solo il suo nome o, più semplicemente il monogramma, è inciso in più punti, ma questo spazio esprime e mette in evidenza la sua formazione umanistica, la sua personalità e la sua utopia di un mondo gioioso e governato dalle Virtù.
Il nome della Marchesa e i suoi emblemi sono dunque visibili in molti punti: ad esempio, sulle finestre è ancora possibile leggere “Isabella Estensis” (e non Gonzaga); la stessa scritta appare scolpita sopra le colonne del giardino; inoltre si trova intagliato nella boiserie il motto forse più caro alla marchesa “NEC SPE NEC METV” dal significato ‘senza speranza, senza timore’ che induce a proseguire a vivere, nella vita come nella politica dello Stato, senza paure e con fermezza.
La Grotta ha una bellissima volta decorata con stucchi e intagli dorati, con al centro un altro emblema caro a Isabella: un pentagramma senza note, ma solo con segni di sospensione del suono, a significare che nella vita più dei contenuti sono importanti i momenti di pausa. Qui erano esposti oggetti di carattere archeologico come monete, cammei, antichità e bronzetti; da qui si accede ad un giardino privato dove si potevano ascoltare concerti e letture.
Curiosità sulla “Madonna della Vittoria” di Mantegna
I rapporti tra Isabella e il pittore Andrea Mantegna furono burrascosi, come accennato in precedenza, ma questo non impedì alla Marchesa di commissionargli nel 1496 un capolavoro come la “Madonna della Vittoria”.
Dietro la realizzazione di quest’opera vengono ricordati due avvenimenti, apparentemente distanti tra di loro, messi in relazione grazie alle abili mosse di Isabella. Il primo episodio si lega alla Battaglia di Fornovo e a Francesco Gonzaga. Isabella inviò al marito, impegnato in battaglia, una croce e una reliquia, con la richiesta di affidarsi alla Madonna per essere protetto, facendo voto di realizzare un monumento alla Vergine al suo ritorno. La seconda vicenda avviene invece a Mantova, dove Isabella amministrava lo Stato in assenza del marito: proprio in quel periodo, un ebreo mantovano acquistò una casa per la propria famiglia e su un muro esterno era presente un tabernacolo con l’immagine della Madonna che, una volta pagata la somma dovuta al Vescovo, l’ebreo poté togliere. Durante la festa dell’Ascensione, però, il popolo si accorse di questa mancanza e solo grazie all’intervento dei soldati inviati da Isabella, fu impedito il saccheggio dell’abitazione e il linciaggio dell’ebreo.
Isabella mostrò dunque le sue doti diplomatiche e di abile stratega, associando i due eventi: per calmare il popolo impose all’ebreo di pagare al Mantegna la commissione per dipingere una pala con l’immagine della Vergine, che celebrasse la vittoria di Fornovo, esaudendo così anche il voto espresso dal marito in battaglia. La pala, oggi esposta al Louvre, è una delle opere più importanti del pittore, ma per gli screzi avvenuti tra i due in precedenza, Isabella non volle essere ritratta a fianco al marito, inginocchiato in primo piano nella sua armatura da gran capitano. L’opera suscitò così tanta ammirazione che l’ebreo fu obbligato a costruire, proprio sul terreno in cui doveva sorgere la sua abitazione, una cappella per ospitarla.
BIBLIOGRAFIA:
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Tesi di dottorato di Matteo Basora “Tra le carte della Marchesa. Inventario delle lettere di Isabella d’Este, con un’analisi testuale e sintattica” Università degli Studi di Macerata, Dipartimento di Studi Umanistici 2017
“Le Studiolo d’Isabelle d’Este” catalogue rédigé sous la direction de Sylvie Béguin … [et al.]; étude au Laboratoire de recherche des musées de France par Suzy Delbourgo et Lola Faillant Paris: Edition des Musées nationaux, 1975
http://www.lombardiabeniculturali.it/ opere-arte/schede/MN020-00087/