Beni storici – artistici

Ritratto di Cesare d’Este

A cura di

Federica Fanti

Il dipinto ha una storia misteriosa ed ancora poco studiata, nel 2010 venne riconosciuto in una collezione privata francese e nello stesso anno fu acquistato prima a Parigi da un antiquario modenese, poi a Modena da Alfredo Margreth (medico e scienziato) che lo donò all’Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti di Modena di cui è socio.

Ma nel 2010 l’aspetto dell’opera è ben diverso da quello che possiamo ammirare oggi nella Sala degli Specchi dell’Accademia modenese. La bellezza del ritratto era celata sotto strati di pesanti ridipinture e vernici ingialliate dal tempo e, dopo il necessario restauro, sono tornati ad emergere i raffinati tratti della pittura: dallo sguardo fiero del Duca alla naturalezza con cui sono resi i capelli quasi scompigliati e la precisione nella descrizione dei baffi e del pizzetto nei quali si intravede qualche tocco bianco.

Probabilmente il talento del pittore si vede soprattutto nella rappresentazione della corazza di Cesare, non solo nel disegno didascalico e realistico, ma anche nella lucentezza e nel bagliore del metallo e dell’oro. Cesare indossa una corazza cesellata di pregevole fattura decorata con dorature e motivi vegetali, ma soprattutto esibisce il simbolo estense più importante l’aquila coronata.

Sul petto mostra anche il Collare del Toson d’Oro che permette di inserire un termine post quem per la datazione del dipinto, in quanto da uno scambio di lettere del 1605 si evince che a quella data Cesare fosse già stato insignito dell’alta onorificenza. Compaiono quindi due simboli del potere l’aquila estense e il vello d’oro, ma probabilmente un ulteriore simbolo è celato dietro al nastro verde a cui è appesa una nappa, che porta legato al braccio destro. Secondo lo storico dell’arte Luca Silingardi potrebbe trattarsi dell’insegna dell’ordine cavalleresco sabaudo dell’Ordine Mauriziano, di cui Cesare sarebbe essere stato insignito dopo il matrimonio del figlio primogenito Alfonso III e di Isabella di Savoia celebrato nel 1608.

Bisogna notare che sul bordo della tela in alto il pittore ha inserito un’iscrizione dorata in latino, la quale in forma abbreviata riporta “CAES(AR) EST(ENSIS) D(VX) ALF(ONSI) D(VCIS) FER(RARIAE) SVC(CES-SOR)” e quindi identifica non solo il soggetto del ritratto, ma anche il suo predecessore. Questa iscrizione potrebbe far supporre che il dipinto fosse commissionato come omaggio ad un altro sovrano e non per la quadreria della Corte, in cui l’inserimento del nome e dei titoli non sarebbero stati necessari. Tale presupposto in aggiunta al simbolo dell’Ordine Mauriziano conducono Silingardi ad avanzare l’ipotesi che il dipinto fu commissionato per la Corte di Carlo Emanuele I di Savoia datandolo verso il 1606-1607. Inoltre lo studioso avanza un’attribuzione convincente per identificare l’autore: nel raffronto con altri ritratti riconosce la mano del fiammingo Frans Pourbus il Giovane, già attivo per la Corte dei Gonzaga in quel periodo.

Questo ritratto è stato “portato alla luce” due volte: la prima quando è stato riconosciuto in Francia e riportato in Italia, la seconda dopo il restauro che ha svelato la sua straordinaria e raffinata pittura. 

Ubicazione

Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti, Modena

Oggetto

Dipinto

Datazione

1606-1607 (?)

Autore

Frans Pourbus il giovane (?)