Chiesa parrocchiale di San Benedetto Abate

Nel 1496, Ercole I d’Este, intento alla costruzione dell’Addizione erculea e delle sue mura, dedicò a San Benedetto la porta all’estremità occidentale del nuovo asse viario detto dei Prioni, e donò terre ai benedettini di Pomposa, che fin dal 1476, con il sostegno del duca e di sua moglie Eleonora, si erano stanziati nell’antica chiesa di San Marco lì collocata.

La prima pietra della nuova, grande, basilica benedettina fu posta il 3 luglio 1496 dallo stesso Ercole I e da Nicolò Maria d’Este, vescovo di Adria, ma fu solo più tardi, nel 1505, che Alfonso I d’Este chiese al papa di poter demolire l’antico edificio perché intralciava i suoi piani di difesa urbana.

La chiesa di fronte alla quale ci troviamo oggi è una ricostruzione post-bellica (1952-54), successiva al devastante bombardamento del 28 gennaio 1944, eseguita ricalcando la costruzione originaria.

Si tratta di un edificio a croce latina, tre navate, cappelle a pianta semicircolare, così come le terminazioni del transetto e dell’abside. Attribuita da molti autori a Biagio Rossetti, questa planimetria, innovativa per Ferrara, va piuttosto inserita nell’ambito di schemi che si andavano diffondendo in quegli anni tra le fabbriche intraprese nei monasteri della congregazione cassinese di Santa Giustina, cui San Benedetto apparteneva. Sospesi i lavori a un livello che oltrepassava di poco le fondazioni, gli alzati (dove predomina un maturo sistema di ordini architettonici) vennero costruiti solo più tardi, a partire dal 1535, su disegno di Giambattista Tristano.